I fischi alla Comencini e lo stato di salute del cinema italiano

10 Set

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La critica fischia Cristina Comencini, e non in senso metaforico. È successo a Venezia, durante la proiezione riservata ai giornalisti di “Quando la Notte”, tratto da un romanzo della stessa Comencini. Il film potrà pure essere bruttissimo, o per dirla alla Fantozzi “una boiata pazzesca”, ma l’atteggiamento dei critici impone serie riflessioni. Lasciare la penna e diventare ultras da stadio è un atteggiamento che ha ben poco di professionale e maturo, ma non solo. È una grave mancanza di rispetto, e non nei confronti dell’autore, che se fa un brutto film si prende tutti i fischi e i pomodori di questo mondo, ma verso gli altri spettatori. Come si può pretendere che gli italiani imparino a comportarsi al cinema se i primi cattivi maestri sono gli addetti ai lavori?

Il decadimento del cinema italiano è anche nella maleducazione di chi lo segue, oltre che nell’impoverimento dei contenuti e nella standarfizzazione di un prodotto sempre più diviso in due macrocategorie: i drammi familiari o le commedie da quattro soldi (che sarebbe meglio smettere di chiamare “all’italiana” per restituire un minimo di dignità a Germi, Monicelli, Risi). Se non c’è la cultura non puoi esserci il prodotto di qualità, se il pubblico non è capace di apprezzare il cinema, anche solo stando buono e zitto durante una proiezione, i registi non avranno alcub incentivo a realizzare bei film.

In Italia ne sono rimasti pochissimi, sia di spettatori consapevoli sia di veri artisti del cinema. Sarebbe necessario provare a ripartire da capo, dalle basi, da come ci si comporta in una società civile. Ma finché i critici continueranno a fare gli ultras potremo tenerci i Vanzina e Greggio, le “Vacanze di Natale” e il “Box Office 3D”. Perché l’importante è fare cassetta, come è secondario. Con buona pace di Fellini.

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